domenica 3 dicembre 2017

La lingua "biforcuta" della stampa


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Questo titolo, di un quotidiano in rete, è un affronto alla lingua di Dante: il "non" è errato. Non lo sostiene il signor nessuno, titolare di questo portale, ma un grande della Lingua, Aldo Gabrielli.

“Vuoi venire o non?”

Quanta gente, anche colta, scrive in questo modo, e non sa di sbagliare! “Che tu voglia o non, la cosa non mi riguarda”, “Che questo gli piacesse o non ci sembrava indifferente”: frasi raccolte sui giornali, fin sui libri. E sono frasi sbagliatissime, proprio da matita blu. Bisogna dire: “Vuoi venire o no?”, “Che tu lo voglia o no”, “Che gli piacesse o no”. Ed è presto spiegato il perché.
La negativa no, così fortemente tonica, riassume in sé tutto un discorso (i grammatici la definiscono parola olofrastica, come il affermativo): “Vuoi venire o no?”; quel monosillabo no racchiude infatti l’intera frase sottintesa “non vuoi venire?”; tanto è vero che noi possiamo anche dire distesamente “Vuoi venire o non vuoi venire?”. La negativa non, invece, non ha questo valore riassuntivo, ma è soltanto la premessa negativa di una frase che segue. Nessuno infatti alla domanda “Vuoi venire?” risponderebbe con un semplice “Non” che lascerebbe la frase in sospeso; ma risponderebbe per esteso “Non voglio venire” o userebbe la negazione “No” che riassume questa frase. Vittorini intitolò un suo libro Uomini e no, come dire “Uomini e non uomini”; “Uomini e non” sarebbe stato un titolo strafalcionato.

Il Museo degli Errori, Mondadori, Milano 1977

Da parte nostra aggiungiamo, sommessamente, che il "non" non si può mai trovare in posizione accentata (cioè assoluto, da solo), si deve sempre adoperare in posizione proclitica, vale a dire prima di un’altra parola (o frase) che necessariamente lo deve seguire: vieni o non vieni?


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Dal medesimo quotidiano in rete


LIVE



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Anche qui, un altro calcio all'italico idioma. Correttamente: i concerti dal 1 al 7 dicembre. Il motivo lo spiega l'Accademia della Crusca:

«[...]Le indicazioni comprendenti anche mese e giorno sono introdotte modernamente da un articolo maschile singolare: «il 20 settembre 1870»". Per estensione, si può aggiungere che, nel caso di una data come 11/10/1989, l'articolo che vi si anteporrà sarà l' (seguendo la pronuncia della data: l'undici ottobre millenovecentoottantanove); stessa regola vale per le date che iniziano con 1: anche per queste, si considera il modo in cui tali date vengono pronunciate e quindi si scriverà il 1/2/2003 (cioè il primo febbraio duemilatré). Infatti, come specifica Serianni, "Per i giorni del mese si usa l'ordinale per il giorno iniziale [...], ma il cardinale per i giorni successivi, siano o non siano accompagnati dal giorno del mese [...]»

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La parola proposta da questo portale, ripresa dal Treccani: abuna. Sostantivo maschile, indeclinabile. Indica un ecclesiastico (monaco) etiopico.

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