venerdì 19 maggio 2017

Italiani, vi esorto alla «allocuzione inversa»!. S.C. Sgroi

                                           di Salvatore Claudio Sgroi *
 I 25 lettori meridionali, siciliani e non solo, del precedente intervento («Stefania, stai attenta, papà!») mi hanno, confesso, non poco sorpreso. Per almeno due aspetti. Il costrutto, geograficamente ristretto agli italofoni dell'Italia meridionale (dall'Abruzzo in giù), per interferenza dialettale, è risultato invero meno diffuso di quanto da me ritenuto in alcune zone, ma più vitale in altre, e con più varianti. E soprattutto è stato valutato negativamente da alcuni parlanti, rispetto alla mia positiva valutazione. Come mai? E in base a quale motivazione (soggettiva o argomentata) si può spiegare l'opposto giudizio?

In almeno due località della Calabria, il costrutto è ignoto. Anzi percepito come stranezza, per «rimbambiti». Un amico ci ha informato: «Nella mia zona, non si usa. Tant'è vero che mia madre ci raccontava che, da giovane, aveva conosciuto a Roma una signora "rimbambita", che diceva alla figlia "mangia, mamma"».

Un padre romano «rivolgendosi alla figlia di 6 anni, suggella[va] ogni sua frase con un “papi”: “Mangia, papi”; “Fa’ i compiti, papi” ecc.». E in Abruzzo: «La forma 'stai attento, papà' l'ho sentita usare all'Aquila». In Umbria: «fai il bravo, a mamma» è rivolto al figlio 50enne.
In ambito siciliano a Biancavilla la vitalità è testimoniata dall'estensione a termini non-parentali: «Recentemente (2016) un idraulico del mio paese si rivolgeva al suo aiutante così: 'Turi, vidi, u mastru, si fa accussì!'». Nella stessa località al sic. «Affieddu, senti, a mammuzza ...» con l'art., corrisponde nell'italiano del luogo analoga forma con articolo: «mi ricordo una signora che diceva "vieni qua, la nonnina!"». Nel siracusano: «papuzzedda, a mamma!». E nel messinese: «mancia (bivi), ‘a mamma». E anche nel cellinese (Puglia) la forma è con l'art.: «vièni, lu ttsìttsi» ('lo zietto'). In Irpinia (Campania) invece è dativale: «mio padre e mia madre mi dicevano sempre: “Mangia, a papà”, “Statte sòre, a mamma”».
Ma l'aspetto, probabilmente più rivelatore è il giudizio del parlante verso tale costrutto, che pur carico di una forte valenza affettivo-protettiva, è stato censurato da alcuni italofoni colti, con varia motivazione, soprattutto in quanto dialettale.
Un romano ha infatti dichiarato: «Quando lo sentivo/sento [simile costrutto] mi dava/dà un fastidio tremendo», «perché l'associo alle donnette del mercato».
Un italofono siciliano: «..assolutamente no [non lo uso], anzi mi ha fatto sempre una cordiale antipatia questo nostro modo di dire».
Una italofona siciliana ha osservato: «l’allocuzione inversa, molto utilizzata nel linguaggio di noi “terroni” nella mia famiglia non è mai stata utilizzata, di conseguenza neanch’io ne ho fatto uso». «Comunque ritengo questo modo di esprimersi più efficace e confortevole anche se ritenuto dai più un po’ “Zaurdo”».
Due coniugi trasferiti nel settentrione non vi hanno fatto ricorso con i figli dichiarando con outing (metalinguistico): «per il tipico fenomeno della rimozione (repressione) antidialettale dell’uomo colto», ovvero per «rimozione consapevole per allontanarmi dai modelli espressivi dialettali».
E ancora un altro italofono siciliano: «Con mio figlio parlavo in italiano e fin dove potevo evitavo di trasferire questo costrutto nel mio italiano».
La censura è arrivata alla rimozione: «Ma sai che non mi ricordo [dell'allocuzione inversa dei miei]?», ha sommessamente ammesso un ulteriore lettore.
Data la valenza affettiva del costrutto, il mancato uso può anche spiegarsi, ostracismo dialettale o dialettofobia a parte, con il rapporto più distaccato del genitore nei riguardi del figlio/figlia.
Fermo restando che ogni parlante ha il diritto di non usare le forme che non gli piacciono per qualche motivo, per conto mio, non saprei rinunciare a un costrutto affettivo ("baby talk") del siciliano e in generale dei dialetti meridionali, che in questo caso mostrano una risorsa grammaticale in più rispetto alla lingua standard, che ne verrebbe quindi arricchita.

  * Docente di linguistica generale presso l'Università di Catania

Autore tra l'altro di
--Per una grammatica ‘laica’. Esercizi di analisi linguistica: dalla parte del parlante (Utet 2010);

-- Scrivere per gli italiani nell'Italia post-unitaria (Cesati 2013);

--Dove va il congiuntivo?  (Utet 2013);

-- Il linguaggio di Papa Francesco. Analisi, creatività e norme grammaticali (Libreria Editrice Vaticana 2016)





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