lunedì 8 febbraio 2016

"Confessare il cacio"...

... cioè dire la verità. Ecco un altro modo di dire non piú "di moda" e relegato, quindi, nella soffitta della lingua. L'origine dell'espressione non è molto chiara, sembra sia tratta da una novella che narra di alcuni fanciulli che avevano rubato il cacio, ma non volevano ammetterlo, alla fine, però, "sotto pressione",  per paura di essere puniti se avessero continuato a mentire, "confessarono il cacio", cioè dissero la verità. Benedetto Varchi, nel suo "Ercolano", spiega: «Di coloro i quali (come si dice) confessano il cacio, cioè dicono tutto quanto quello che hanno detto e fatto a chi ne gli domanda, o nel potere della giustizia, o altrove che siano, s'usano questi verbi, eccetera».  Secondo un altro autore, Ludovico Passarini, il modo di dire potrebbe derivare dal fatto che "alle putte, o gazze, o cecche si dà da mangiare il cacio perché si crede che le faccia cinguettar meglio, rendendo piú agile la loro linguetta e piú atta a ripetere l'umana parola. D'onde potrebbe inferirsi che 'confessare il cacio', detto di chi confessa il vero, sia modo tratto ironicamente da esse putte, quasi  dicesse [...] 'gli è venuta la parlantina'; 'confessa con ciò di aver mangiato il cacio'; e quindi piú semplicemente 'confessare il cacio' per dire la verità".

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Cotto e cociuto –  entrambi i termini sono participi passati del verbo cuocere. Il primo si adopera in senso proprio: il risotto è cotto; il secondo si usa in senso figurato con l’accezione di indispettito e simili: la tua osservazione mi è cociuta ( mi ha indispettito).

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La parola, di ieri, proposta da "unaparolaalgiorno.it": smunto.

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