domenica 31 agosto 2014

"Se" con il condizionale?


Da "La posta del professore", della Zanichelli in rete:

    Carissimo  Professore,
    da qualche giorno mi passa per la mente un dubbio di sintassi ed è quello
    della congiunzione anche se, che oltre al congiuntivo, si può utilizzare con
    l’indicativo.
    La mi domanda è questa: oltre al congiuntivo  o l’indicativo, questa
    congiunzione concessiva  si può usare con il condizionale?
    Riporto qualche esempio:
    è  corretto dire  “non posso andare alla festa perché ho degli impegni, anche
    se mi piacerebbe tanto”?
    Cordiali saluti,  Luigi

Gentile signor Luigi,

la risposta è sì: la locuzione congiuntivale anche se può reggere oltre al congiuntivo (Anche se rubassi non sarei il primo ladro – G. GIACOSA) e all’indicativo presente (anche se non ti scrivo, ti penso sempre) e futuro (anche se arriverai stasera, non mi troverai perché sto partendo) anche il condizionale: la frase che lei cita ad esempio è corretta.

Dal suo Professore

--------------
La risposta del Professore ci ha richiamato alla mente un nostro modestissimo articolo sull'uso corretto della congiunzione "se". Lo riproponiamo per i nostri amici amanti della lingua italiana.

***
 
Consumare il bene di sette chiese

Questo modo di dire, forse poco conosciuto, si riferisce a colui che sperpera un ingente patrimonio o una notevole quantità di denaro; denaro che potrebbe corrispondere ai beni di sette chiese. La locuzione allude, infatti, alle sette chiese dell'Apocalisse, fondate da Giovanni Evangelista.

sabato 30 agosto 2014

"Dileticare"? Sí... solleticare

È un vero peccato - a nostro modesto avviso - che i vocabolari (tutti?) abbiano deciso di ignorare il verbo "dileticare" (riportato nel vocabolario degli accademici della Crusca) che sta per "solleticare". Secondo il nostro parere, per quel che possa valere, il predetto verbo, anche se ritenuto antiquato, dà un tocco aulico ai nostri scritti.

giovedì 28 agosto 2014

Sciogliere la bocca al sacco

Ecco un modo di dire poco conosciuto, ma efficacissimo allorché si vuol mettere in evidenza il fatto che una persona ha deciso, finalmente, di rivelare tutto ciò che sa: confidenze e segreti, in particolare. La locuzione fa riferimento, in senso figurato, a un sacco al quale sono stati sciolti i lacci che tengono chiusa l'imboccatura permettendo, cosí, la fuoruscita del contenuto.

***

Gentile dr Raso,
seguo le sue "noterelle" da molto tempo. Non le ho mai scritto per un senso di "pudore linguistico", lo faccio ora - spinto dalle insistenze di un amico - per sapere se i due participi passati del verbo "provvedere" (provvisto e provveduto) si possono adoperare indifferentemente.
Grazie della sua attenzione.
Cordialmente
Maurizio P.
Piacenza
-----------
Cortese amico, può trovare la risposta cliccando su questo collegamento.
 

mercoledì 27 agosto 2014

Irruento? No, irruente

Ci spiace il constatare che il prestigioso vocabolario della lingua italiana "Treccani" metta a lemma, addirittura come prima occorrenza, "irruento". In buona lingua italiana l'aggettivo "irruento" (con il rispettivo femminile "irruenta") non esiste. La sola forma corretta è "irruente", unica per il maschile e il femminile, con il plurale "irruenti", essendo un aggettivo della II classe, come "facile": tono irruente, toni irruenti; manifestazione irruente, manifestazioni irruenti. Lo stesso vocabolario, come si può vedere, fa discendere l'aggettivo dal participio presente del verbo latino "irruere", "irruens, irruentis", divenuto in italiano "irruente(m)". Perché, dunque, mettere a lemma la forma errata?
Dal "Treccani":
irrüènto (o
irrüènte) agg. [dal lat. irruens –entis, part. pres. di irruĕre “irrompere ?, comp. di in–1 e ruĕre “precipitarsi ?]. – Che si avventa, che irrompe con forza impetuosa. In senso proprio, solo nell'uso letter., è sinon. di irrompente (v. irrompere), e come questo ha valore participiale, ma esprime maggiore violenza: non era possibile in alcun modo arrestare le orde nemiche i.; folla i.; acque i.; Cornelia s'era voltata verso il mare e guardava con gli occhi sbarrati i cavalloni i. nello steccato (G. Salvadori). Più com. in senso fig., impetuoso, violento, detto della persona e delle sue manifestazioni, sia per impulso momentaneo (d'ira, di sdegno, di minaccia), sia per temperamento: un uomo i.; carattere i.; invettive i.; il tono i. delle sue parole. ✦ Avv.
irruenteménte, con irruenza, con impeto irrefrenabile: aggredire irruentemente qualcuno con male parole.

domenica 24 agosto 2014

(Fare un) Giro di chiglia

Questo modo di dire, ormai desueto per la verità, indicava l'inflizione di una punizione grave e crudele, e, spesso, mortale. Era inflitta a un marinaio reo di aver commesso gravissime mancanze. Il "punendo" si faceva passare, trascinandolo con una robusta fune, sotto la chiglia dell'imbarcazione.

***

Due parole, due, sugli usi non appropriati di un avverbio e di un verbo: decisamente e succedere. Cominciamo con l'avverbio. Logica vorrebbe che l'avverbio suddetto si adoperasse esclusivamente  nel significato di "con decisione". Alcuni, ritenendolo erroneamente sinonimo di "certamente", lo impiegano, per l'appunto, in modo inappropriato: quel libro è "decisamente" interessante; quella fanciulla è "decisamente" bella. E veniamo al verbo "succedere", che ha due significati principali: "subentrare", "sostituire", "prendere il posto di un altro" (morto il padre, il figlio successe alla direzione dell'azienda) e "accadere", "avvenire" (durante i mesi estivi succedono, purtroppo, molti incidenti strdali) e due forme per il passato remoto e il participio passato: successe e succedette; successo e succeduto. A nostro modo di vedere le due, o meglio, le quattro forme è preferibile non adoperarle indifferentemente. Useremo "succedette" e "succeduto" nel significato di "prendere il posto di un altro in un incarico o una carica" (Giovanni Paolo I succedette a Paolo VI) ; "successe" e "successo" nell'accezione di "accadere" e simili (non ricordo piú cosa successe negli anni della mia adolescenza). Pedanteria? Giudicate voi, amici amanti del bel parlare e del bello scrivere. 

venerdì 22 agosto 2014

Andare e venire "alla francese"

Facciamo nostre alcune considerazioni dell'insigne linguista Aldo Gabrielli sull'uso alla francese dei verbi "andare" e "venire", uso che, naturalmente, in buona lingua italiana è da evitare. Vediamo, dunque.
"Nei baracconi delle fiere i verbosi imbonitori hanno l'incarico di avvertire il gentile pubblico e l'inclita guarnigione di provvedersi subito del biglietto d'ingresso perché lo spettacolo 'va a incominciare'. E agli imbonitori tutto si perdona. Il guaio è che questo 'andare a incominciare' l'ho sentito in bocca di chi imbonitore non è. L'uso del verbo 'andare' in questo particolare significato (...) non è italiano ma schiettamente francese. I Francesi usano infatti 'aller' nel significato di 'essere sul punto di', e quindi dicono 'aller commencer', 'aller faire', 'aller dire', essere sul punto di incominciare, di fare, di dire. Noi però diciamo le stesse cose in modi diversi: 'stare per incominciare', o anche soltanto 'incominciare'; e analogamente, 'stare per dire', 'stare per fare una cosa', 'accingersi a dire, a fare', 'cominciare a fare, a dire'. Ogni lingua ha le sue leggi e bisogna rispettarle. Ma c'è di piú. Poiché ad 'andare' corrisponde anche il verbo contrario, 'venire', cosí giustamente i Francesi dicono 'venir de', seguito da un infinito, per dire che l'azione espressa all'infinto è appena terminata: 'venir de faire', 'venir de dire', avere appena fatto, avere appena detto. Ma quante volte abbiamo sentito frasi come queste: 'Vengo ora dal dirti', 'Venivamo dal fare una passeggiata'? Maniera davvero strana di parlare. L'italiano dice 'Ti ho appena detto', 'Ho appena finito di dirti', 'Avevamo appena fatto una passeggiata', 'Eravamo appena tornati da una passeggiata' ". 
Suggeriamo, per tanto, agli amici che amano il bel parlare e il bello scrivere di seguire i consigli dell'illustre linguista scomparso.

giovedì 21 agosto 2014

Abbaiare alla luna

Chi abbaia alla luna, naturalmente in senso figurato? La persona che tende ad agitarsi o lamentarsi inutilmente; colui che se la prende con chi non c'entra affatto; chi si sfoga contro qualcuno che non si cura di reagire. La locuzione fa riferimento a una credenza popolare - che si perde nella notte dei tempi - secondo la quale i cani sono disturbati dalla luce lunare e cercano di allontanarla abbaiandole contro.

mercoledì 20 agosto 2014

Per un errore tecnico sono stati cassati tutti i commenti. Ci scusiamo con i nostri amici lettori.

venerdì 15 agosto 2014

Felice Ferragosto


Buon Ferragosto alle amiche e agli amici che seguono questo portale

venerdì 8 agosto 2014

Bocca di miele e cuore di fiele

Probabilmente molti amici lettori si imbatteranno per la prima volta nell'espressione citata perché - sembra - poco conosciuta e quindi poco... adoperata. Il modo di dire, dunque, la cui spiegazione ci sembra intuitiva, si riferisce a una persona che ostenta simpatia e amicizia verso un'altra persona, in realtà detestata, cui sarebbe ben felice, invece, di poter nuocere e, con il tempo, "annientare". Gentili amici, quante "bocche di miele e cuori di fiele" avete incontrato nel corso della vostra vita, soprattutto nell'ambiente di lavoro? Vi occorre una calcolatrice?

***

Per motivi tecnici, e per un periodo purtroppo non definibile, questo portale non sarà "aggiornato" regolarmente.