giovedì 31 luglio 2014

Subire non significa "avere" o "ottenere"

"Gli albergatori sono soddisfatti perché le presenze hanno subìto un incremento del 5%". Frasi del genere ci vengono "propinate" da tutti gli operatori dell'informazione (radiotelevisione e carta stampata, comprese le così dette grandi firme). Ma costoro sanno di dire una "castroneria linguistica"? Non sanno, costoro, che il verbo subire, in buona lingua italiana, significa "sopportare, "soffrire", "patire" e simili? L'incremento si patisce? Non crediamo proprio. Il verbo in questione, quindi, deve indicare, sempre, qualcosa di negativo, di spiacevole: si subisce un'offesa, un affronto, un danno o qualcosa del genere. La frase "incriminata", per tanto, va emendata (per coloro che amano il bel parlare e il bello scrivere) in "... hanno avuto un incremento del 5%".  

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Per motivi tecnici, e per un periodo, purtroppo, non precisabile, questo portale non sarà "aggiornato" di frequente.

giovedì 24 luglio 2014

Avere i grilli per la testa


Chi non conosce questa locuzione riferita a una persona che ha idee stravaganti, bizzarre o pretenziose? Quella persona, in senso figurato, è come se avesse nella testa una schiera di grilli, che con il loro saltellare incessante le impedissero di pensare in modo logico o sensato. La stessa espressione si adopera nei confronti di chi ha ambizioni smodate e pressoché irrealizzabili. Perché?  Perché quella persona, sempre in senso figurato, è come se avesse la testa piena di grilli i quali, notoriamente, sono in grado di spiccare degli altissimi salti apparentemente impossibili da effettuare.

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Nonostante le raccomandazioni della prestigiosa Accademia della Crusca, i "grandi dicitori" radiotelevisivi continuano, imperterriti, a bombardarci di strafalcioni linguistici tipo "la ministro". Noi non ci stancheremo mai di condannarli. La sola forma corretta è "la ministra".

       Le parole terminanti in -o, -aio/-ario mutano in -a, -aia/-aria: architetta, avvocata, chirurga, commissaria, ministra, prefetta, primaria, sindaca
      Le parole terminanti in -sore mutano in -sora: assessora, difensora, evasora, revisora
      Le parole terminanti in -iere mutano in -iera: consigliera, portiera, infermiera
      Le parole terminanti in -tore mutano in -trice: ambasciatrice, amministratrice, direttrice, ispettrice, redattrice, senatrice
      Le parole terminanti in -e/-a non mutano, ma chiedono l'anteposizione dell'articolo femminile: la custode, la giudice, la parlamentare, la     presidente
    Come sopra per i composti con il prefisso capo-: la capofamiglia, la caposervizio
    Le forme in -essa e altre forme di uso comune vengono conservate: dottoressa, professoressa.

(Dizionario del 2012, di G. Adamo e V. Della Valle, p. 269)


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Un interessante articolo di Silverio Novelli.

 



venerdì 18 luglio 2014

Non essere della stessa parrocchia

Il modo di dire, che avete appena letto - chi non lo sa? - si adopera, in senso figurato, per mettere in evidenza la "diversità" di una persona per quanto attiene alla mentalità, al modo di vivere e simili. La locuzione è tratta da un aneddoto di un autore ignoto. Si narra, dunque, di un signore che, appartato in un angolo, assisteva alla messa domenicale. Durante l'omelia il sacerdote fece una battuta e tutti i fedeli risero, tranne colui che era in disparte. Una ragazza, incuriosità, gli domandò perché non ridesse. Questi rispose: "Perché non sono della parrocchia".

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domenica 13 luglio 2014

Il complemento d'aggiunzione

Forse molti gentili lettori sentono per la prima volta questo complemento perché è "snobbato" dalle grammatiche. Eppure esiste e viene adoperato inconsapevolmente. Si veda questo collegamento.


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giovedì 10 luglio 2014

La battologia

Chissà quanti amici lettori sono affetti da un malanno linguistico chiamato "battologia" e non lo sanno perché questa "patologia linguistica" è ignorata dalla maggior parte dei testi linguistico-grammaticali. Cos'è, dunque, questa malattia? È la ripetizione inutile (e spesso fastidiosa) delle medesime parole nel corso del discorso: lo sapevo che il direttore non mi avrebbe ricevuto, lo sapevo. Per la spiegazione tecnica diamo la "parola" a Ottorino Pianigiani e a Niccolò Tommaseo.


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venerdì 4 luglio 2014

Baturlare

                                     

  Tra le parole che ci piacerebbe fossero rimesse a lemma nei vocabolari dell'uso segnaliamo il verbo baturlare, che indica il rumore del tuono lontano. Si veda anche questo collegamento.

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Da "Domande e risposte" del vocabolario Treccani in linea:
 

È corretto dire "punti chiavi"? Io sono sempre stato convinto che la forma corretta fosse "punti chiave". Per esempio: "in quell'articolo vengono riassunti i punti chiave del programma di governo".

Non è corretto dire punti chiavi. Il plurale di questo composto è punti chiave. Punto chiave appartiene alla categoria di composti nome + nome in cui l'elemento che sta in seconda posizione determina il termine iniziale, funzionando in sostanza come un aggettivo (altri composti appartenenti alla stessa categoria: discorso fiume, legge delega, palla gol, pesce spada). Questo tipo di composti di norma forma il plurale flettendo il primo elemento (punto > punti) e non il secondo, che resta invariato (chiave = chiave). Rare le eccezioni, come, per esempio, pesca noce > pesche noci.

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A nostro modesto avviso la risposta non è molto chiara: se il termine che sta in seconda posizione "funziona come un aggettivo" dovrebbe essere dello stesso numero del termine iniziale (plurale). È piú chiara, forse, questa "regola" di Aldo Gabrielli:
 Se i sostantivi sono dello stesso genere (entrambi maschili o entrambi femminili) modificano nel plurale solo la desinenza finale: arcobaleno, arcobaleni; cartapecora, cartapecore; pescecane, pescecani; melograno, melograni; madreperla, madreperle; cassapanca, cassapanche; toporagno, toporagni.Se invece i due sostantivi sono di genere diverso variano nel plurale solo il primo elemento: grillotalpa, grillitalpa; pescespada, pescispada; pescesega, pescisega; pesceluna, pesciluna. Eccezioni stabilizzate: boccaporto fa boccaporti, banconota fa banconote, ferrovia fa ferrovie.
Punto chiave, quindi, essendo composto di due sostantivi di genere diverso prenderà la desinenza del plurale solo il primo elemento (punti chiave).

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