lunedì 12 maggio 2014

Parole «ermafrodite»



Potremmo definire “ermafrodite” quelle parole che i grammatici chiamano ambigeneri perché si differenziano solamente per mezzo dell’articolo o dell’aggettivo concordanti, non mutano, insomma, la desinenza. Appartengono a questa categoria: a) le parole terminanti in “-e”: il custode, la custode; il nipote, la nipote, il consorte, la consorte ecc.; b) i participi presenti sostantivati: il cantante, la cantante (a questo proposito sarebbe “piú corretto” dire la studente); c) le parole terminanti in “-ista” e in “-cida”: il ciclista, la ciclista; il fratricida, la fratricida; il giornalista, la giornalista. Questi ultimi sostantivi, però, nel plurale hanno forme distinte per il maschile e per il femminile: i ciclisti, le cicliste; i fratricidi, le fratricide. Vi sono, inoltre, le “ermafrodite” apparenti la cui differenza non è il genere ma il significato. I grammatici le chiamano “falsi ambigeneri” o “ambigeneri apparenti”. Vediamone qualcuna: il fine (lo scopo), la fine (il termine); il moto (movimento), la moto (la motocicletta); il radio (minerale), la radio (apparecchio ricevente): il pianeta (corpo celeste), la pianeta (paramento liturgico); il fronte (zona di guerra), la fronte (parte del volto); il tema (il componimento), la tema (la paura); il lama (monaco), la lama (parte del coltello); il boa (serpente), la boa (il galleggiante).

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