venerdì 8 marzo 2013

«O meno» o «o no»?


Ancora una discrepanza tra il vocabolario Gabrielli in rete (ritoccato) e il “Dizionario Linguistico Moderno” dello stesso autore circa l’uso corretto dell’avverbio “meno” con il significato di “no” in proposizioni disgiuntive. Nel suo dizionario il linguista scrive: « [meno] (…) non deve mai usarsi in proposizioni disgiuntive col significato di ‘no’: “Non so se partire o meno”; “Dimmi se verrai o meno alla conferenza”; dirai: “Non so se partire o no (oppur no)”; “Dimmi se verrai o no (o non verrai) alla conferenza” (…)». Nel vocabolario in rete, invece, si legge: «(…) O meno, o no: dimmi se verrai o m. alla festa (…)».


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Un interessante articolo (e di grande attualità) di Angela Frati, della redazione consulenza linguistica della Crusca, «Sul soglio pontificio...». Peccato che nel penultimo capoverso l'autrice scivoli su "... e non ha dunque niente a che vedere con la parola soglia: (...)».

http://www.accademiadellacrusca.it/it/lingua-italiana/consulenza-linguistica/domande-risposte/soglio-pontificio

In proposito il linguista Aldo Gabrielli scrive: «Leggiamo a volte ‘Questo non ha niente a che fare con questo’, ma anche ‘non ha niente che fare con questo’. Quale delle due è la forma corretta? Senza dubbio la seconda, sebbene sia oggi la meno usata (alcune “grandi firme” del giornalismo la considerano – non sappiamo con quale autorità – addirittura errata, ndr). Questo infinito in proposizioni relative dipendenti è d’uso antico, che risale addirittura alle origini della lingua. ‘Non sapeva che dirsi’, leggiamo in Boccaccio; e anche oggi diciamo ‘non so che dire, che fare’. Quel ‘che’, uguale a ‘che cosa’, è un normale complemento oggetto. Altri modi analoghi sono per esempio ‘non c’è che dire’, o ‘c’era che vedere e che ascoltare’, come leggiamo nel Verga. L’espressione era dunque all’origine ‘avere’ o ‘non avere che fare’; e infatti leggiamo un esempio nelle ‘Cene’ del Grazzini detto il Lasca (secolo XVI): ‘Che hai tu che fare con cotesto villano?’ e nel Manzoni (qualche ‘grande firma’ ha il coraggio di mettere in discussione l’autorità di un simile scrittore?, ndr), al capitolo XV: ‘Mi lascino andare ora… io non ho che far nulla con la giustizia’; e poco più sotto: ‘Ma io non ci voglio andare dal capitano di giustizia. Non ho che fare con lui’. Come sarà sbucato fuori quell’ ‘a’ modificando la frase in ‘a che fare’? Certamente da un incrocio del modo tutto toscano ‘ho a fare’(fuor di Toscana ‘ho da fare’) con ‘ho che fare’. Gli avverbi ‘niente’ o ‘nulla’ sono semplici aggiunte rafforzative. Consiglierei pertanto di attenersi alla forma antica; e di dire, analogamente, ‘non ho nulla che vedere in questa faccenda’, ‘non ho mai avuto che dire con lui’, meglio di ‘a che vedere’ e ‘a che dire’ ».








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