lunedì 21 maggio 2012

Il linguaggio






In queste noterelle non abbiamo mai trattato del linguaggio nella sua accezione piú ampia. Se cosí non fosse ci scusiamo “preventivamente” con gli amici blogghisti per la ripetizione. Vogliamo vederla, dunque? Con il termine linguaggio si intende “qualunque mezzo che serve per la comunicazione di un messaggio, di un pensiero, di un’idea, ecc”. In questo senso sono forme di linguaggio i suoni, i gesti, le espressioni del volto, i disegni, le segnalazioni le piú svariate (come potrebbero, anzi, possono essere le luci di un semaforo). La forma di messaggio, o meglio di “linguaggio” piú espressiva, piú potente, piú precisa – come si sa – si avvale della parola: il linguaggio, infatti, nella sua accezione primaria, quindi in senso proprio, è – potremmo dire – “l’uso delle parole, scritte e orali, secondo una regola convenzionale” che costituisce l’idioma di una collettività nazionale e no.

Ogni idioma o, se preferite, linguaggio, presenta diversi livelli: a) lingua ufficiale o formale, strettamente legata alle caratteristiche grammaticali di cui è espressione, ma proprio per questo spesso arida, impersonale seppur “elegante”; b) lingua comune, molto spesso non rispettosa delle “regole” convenzionali ma piú viva ed espressiva, adoperata da tutti (lingua “comune” per le piú consuete esigenze di comunicazione; c) lingua familiare o popolare, usata da una cerchia molto ristretta di “utenti”, piú approssimativa ma piú ricca di efficacia espressiva (basti pensare alla “comunicativa” di certe espressioni dialettali). Ogni linguaggio, è noto, si adegua all’uso acquistando in tal modo – soprattutto sotto il profilo lessicale – diversificazioni dovute all’influenza dei vari “settori d’uso”. Tali diversificazioni determinano e caratterizzano i cosí detti linguaggi settoriali, vale a dire quel tipo di linguaggio che non sarebbe azzardato chiamare “gergo”, quei linguaggi legati a specifici settori professionali e di mestieri.

Il gergo, infatti, come specificano i dizionari è ogni “linguaggio convenzionale limitato a una ristretta categoria sociale” (il gergo della malavita, per esempio) e, per estensione, “ogni linguaggio artificiosamente diverso dal linguaggio comune” (il gergo burocratico per esempio). I linguaggi settoriali, per tanto, possono essere esemplificati in linguaggio giornalistico, tecnico, politico, scientifico, economico, sportivo, pubblicitario e via dicendo.

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