venerdì 23 marzo 2012

Apparsa o pubblicata?



Qualche osservazione sull’uso non ortodosso – a nostro modesto avviso – di due verbi: apparire e proferire. Si leggono spesso, sulla stampa, frasi del tipo «la lettera apparsa il 25 del mese scorso è stata attribuita a Tizio; l’autore è, invece, Caio. Ci scusiamo con l’interessato e con i lettori». Le apparizioni, ci sia consentito, sono una caratteristica degli ectoplasmi: una lettera si pubblica, non appare. Apparire significa, infatti, ‘manifestarsi’ e una lettera – dicevamo – non si manifesta, si pubblica. Neanche una persona viva e vegeta ‘appare’, bensí ‘compare’: all’improvviso è comparso Giovanni. E che dire di ‘profferire’ in luogo di ‘proferire’? In alcuni sacri testi si legge che il predetto verbo si può scrivere con una o due “f” (proferire e profferire), una specie di verbo sovrabbondante. Le cose non stanno affatto cosí: cambiando di grafia cambia anche di significato. Con una sola “f” (proferire) sta per ‘dire’, ‘pronunciare’, ‘esclamare’ e simili: Francesco non proferí parola. Con due (profferire) vale ‘offrire’, ‘regalare’, ‘mettersi a disposizione’: Marcello gli profferí il suo aiuto (si mise, cioè, a sua disposizione per aiutarlo). E per finire si deroga ‘a’, non ‘da’. È comunissimo leggere o sentire che «Carlo ha derogato da una legge». No, correttamente, Carlo ha derogato ‘a’ una legge. Si può adoperare anche, transitivamente e raramente, nell’accezione di ‘trasgredire’, ‘violare’: tutti i presenti hanno derogato le istruzioni ricevute. Voi, amici amatori della lingua, se volete ben figurare, non derogate ‘a’ queste norme linguistiche.



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A proposito di derogare, abbiamo ‘scovato’ il sostantivo corrispondente (non attestato nei vocabolari): deroganza. Si veda questo collegamento: https://www.google.it/search?tbm=bks&tbo=1&hl=it&q=%22deroganza%22&btnG=    

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